Paolo è un artista capace di muoversi con naturalezza tra musica, recitazione e traduzione audiovisiva. La sua passione per le arti è nata con la chitarra, ma negli anni ha esplorato vari strumenti e forme espressive, trovando nella versatilità la sua forza. Oggi, da Torino, sta affrontando nuove sfide, dal teatro al cantautorato, continuando a mettere in gioco la sua creatività in progetti che spaziano dalla musica al sociale. In questa intervista ci racconta il suo percorso, le sue ispirazioni e le opportunità che lo stanno spingendo verso nuove avventure artistiche.

a cura di Noemi Aloisi


Benvenuto Paolo, hai molti interessi e svolgi diverse attività, tra le tue passioni c’è sicuramente la musica. Hai studiato chitarra, ma ti sei esibito anche cola voce, il basso e occasionalmente con la batteria. Cosa preferisci suonare, e attualmente cosa suoni?
Ciao a voi e a chi ci legge! Grazie mille per l’opportunità di rispondere alle vostre domande.
La musica è certamente la mia passione più grande, quella con cui sono cresciuto, ma non l’unica: nel tempo se ne sono affiancate molte altre, fra cui prevalentemente la recitazione. Il rapporto con la chitarra è quello più viscerale, quando ho idee a cui voler dare una forma, è lo strumento a cui ricorro immediatamente. Già solo le caratteristiche base di una chitarra (sei corde e una ventina di tasti) permettono una gamma potenzialmente infinita di modulazioni e ritmiche, che personalmente trovo difficilmente replicabili altrove.
Gli altri strumenti li suono da performer entusiasta, ma senza rivendicare particolari talenti: mi è capitato di dover ricoprire il ruolo di bassista o batterista nelle varie band di cui ho fatto parte, e non mi sono tirato indietro, ma lì ho cercato solo di fare ciò che era necessario per il progetto e per la canzone. Anche ora mi capita di dover creare dei giri al piano per produrre nuovi brani, ma si tratta di arrangiamenti umili a corredo dell’idea generale; quando ho bisogno di esecuzioni più elaborate con questi strumenti, naturalmente mi rivolgo ai colleghi musicisti che conosco, molto più autorevoli di me.
Attualmente, dunque, non c’è dubbio alcuno: chitarra, sempre e comunque. Acustica in primis, ma anche elettrica alla bisogna.

Hai avuto modo di far parte di diverse band ma ti sei esibito anche come cantautore, in quale contesto ti senti più a tuo agio?
Rispondere a questa domanda è più difficile di quanto si possa pensare! Nel tempo ho fatto della versatilità il mio marchio di fabbrica (ed è ciò che, ahimè, negli anni ho commesso più volte l’errore di considerare un limite), per cui ogni situazione ha le sue peculiarità che tendo sempre a voler vivere in egual misura. Da cantautore solista ho la libertà di costruire i brani secondo una cifra stilistica tutta mia, stabilendone i temi, i toni e le sfumature come più mi piace. Tuttavia, è anche un’attività molto solitaria, e in realtà sono una persona che ama la compagnia e la condivisione. Per cui, le esperienze nelle band sono per me preziosissime per uscire fuori dalla propria bolla e mettersi in gioco, cercando equilibri diversi, baricentri al di fuori di te, dare il proprio contributo senza imporsi e mettersi al servizio non di ciò che piace di più, ma di ciò che “arriva” meglio, sia a un eventuale pubblico sia fra i membri del gruppo.

Mi dispiace, non posso scegliere! Perché una dimensione alimenta positivamente l’altra, in questo caso.

Le lingue sono un’altra passione, infatti, hai conseguito la laurea magistrale in traduzione audiovisiva. Cosa ti piace di questo lavoro?
Non sono mai stato un fan di confini e barriere da mantenere soltanto a difesa del proprio status quo, e credo che sia sempre necessario ribadirlo, viste le ultime tendenze. Ma restando nel mio piccolo, il mondo delle lingue straniere, della traduzione audiovisiva e dell’accessibilità mi permette di agire proprio sull’abbattimento delle barriere, siano esse linguistiche, sensoriali, motorie e/o cognitive, per favorire un’esperienza davvero universale e inclusiva. Inoltre, essendo sempre rapito completamente dal cinema, dal teatro, dai concerti, dai festival e dagli eventi in generale, è stato per me naturale scegliere questa strada per i miei studi universitari. In realtà non l’ho capito proprio subito, mi è servito anche fare qualche scelta decisamente sbagliata prima di convincermi definitivamente che comunicare ed esprimersi in ambito artistico, nonché favorire la comunicazione altrui, fosse quello che cercavo.

Come cantautore da cosa ti lasci ispirare quando scrivi un testo?
Anche in questo caso, avere un solo metodo porta a fossilizzarsi. A volte basta un semplice gioco di parole, da cui faccio scaturire dei giochi di contrasti e attriti fra i rispettivi ambiti a cui le parole afferiscono. Questo è l’input che scatta più di frequente, vista la mia passione malsana per le freddure e il british humour (le persone a me più vicine la conoscono e la sopportano, non so come facciano, vi ringrazio ancora!). Altre volte è necessario per me riflettere molto su ciò che mi accade quotidianamente o sugli spunti che ritrovo in ciò che leggo, guardo, o anche nel lavoro o nelle situazioni sociali che vivo.

Quale stile sono caratterizzati i tuoi brani?
Per brevità, mi rifaccio sempre ai due casi descritti nella risposta precedente: quando la scintilla viene accesa dalle parole, è molto probabile che ne derivi una scrittura più ironica e scanzonata, con ritmiche incalzanti e un’interpretazione molto accentuata. Quando invece parto dalla mia interiorità, devo cercare di elaborare la mia risposta emotiva a tutto, e potete immaginare come questo mi porti a una scrittura più introspettiva, che può essere sia positiva che negativa, purché sia profonda.
Voglio però chiarire che è impossibile distinguere le due strategie in modo netto: spesso gioco coi contrasti; quindi, una canzone all’apparenza “divertente” può nascondere messaggi molto profondi, e viceversa.

Con la Compagnia Stabile, ti sei avvicinato al mondo del teatro, come è stata questa esperienza e cosa ti ha lasciato?
La Compagnia Stabile del Molise è un autentico gioiello di passione, dedizione e creatività, che ho scoperto quasi per caso, dopo un lungo periodo di tempo in cui ho studiato e lavorato nelle Marche, ma che ha trasformato il mio modo di intendere l’arte, e non solo. Forse ciò che ho appena dichiarato può suonare un po’ retorico, ma vi assicuro che aver conosciuto questa Compagnia proprio in quel momento della mia vita è stato quasi salvifico: avevo un fortissimo bisogno di abbandonare le sovrastrutture e la corazza che mi ero messo addosso, diciamo, per difendermi dal mondo mentre crescevo e affrontavo le prime vere sfide della vita. La nostra di vita, poi, è stata segnata anche dal Covid, per cui io ho iniziato la formazione con mascherine e distanziamento, aumentando ulteriormente la difficoltà nel lasciarmi davvero andare.
Paola Cerimele e Raffaello Lombardi, insieme a tutti i docenti della Compagnia e ai colleghi con cui ho condiviso lezioni divertenti, faticose e illuminanti, mi hanno permesso di arrivare in breve tempo a buoni livelli sia tecnici che espressivi (non senza tantissimo impegno!) e di debuttare con loro, nel 2021, in un caleidoscopico spettacolo corale ispirato all’Inferno di Dante, all’interno del suggestivo Castello Monforte di Campobasso. Da quel momento, per me recitare è assolutamente fra le mie priorità, è una necessità personale ma si sta trasformando anche in occasioni lavorative.
Non potrei essere più grato.

Da quando ti sei trasferito a Torino c’è stata una vera e propria svolta, a quali a progetti ti stai dedicando?
Credevo che non avrei mai trovato una città a portata di Paolo! Sono legatissimo a Campobasso e al mio Molise, ma in questa fase della mia vita ho bisogno di una città come Torino. Sicuramente grande, a volte caotica, ma senza mai impazzire, dove la gente ancora si saluta e si guarda in faccia, interagisce e a volte, addirittura, sorride o chiede scusa. Qui c’è davvero tutto per le cose che mi appassionano: varie realtà dell’industria audiovisiva, associazioni e cooperative che si dedicano all’accessibilità e ovviamente un tessuto fittissimo di creativi e artisti che condivide e organizza eventi su piccola e larga scala, praticamente all’ordine del giorno. E quindi ho ben presto iniziato a frequentare tutti questi luoghi di interesse e dialogare con varie persone e organizzazioni, dando il mio punto di vista e traendo spunto. Come ho già detto, il fermento culturale e la versatilità sono la mia linfa vitale, e sono stato lieto di scoprire così tante persone simili a me in questo senso, racchiuse in una città tutto sommato “gestibile”, nonché bellissima dal punto di vista architettonico e anche naturalistico.
Il progetto più recente a cui ho la fortuna di dedicarmi è un musical, altro ennesimo debutto per me, non mi era ancora capitato. Con una valorosa compagnia torinese, I Bimbi Sperduti, stiamo preparando una versione molto originale di Grease. Vorrei lasciare a questo link la locandina, per chiunque abbia interesse ad acquistare il biglietto per il prossimo 14 dicembre.

Hai diverse idee a cui ti piacerebbe dar vita, sentiremo qualcosa di tuo a breve?
Assolutamente sì! In realtà, da quando siamo entrati in contatto la prima volta ho nel frattempo condiviso il mio primo brano in versione studio, “Il rito del prurito”, in occasione della mia iscrizione al Premio Buscaglione. Potete ascoltarlo a questo link. Ricordate la questione del gioco di parole e il lavorare sui contrasti? Bene, si tratta più o meno di quello! Già da diverso tempo ho preparato tutto il necessario per pubblicare i miei primi brani, per cui conto di dar loro una forma finale che sia anche coerente con la mia nuova vita di oggi e, finalmente, di metterli definitivamente in commercio.

Dal punto di vista artistico e culturale hai dei progetti futuri?
Sì, sto anche esplorando la possibilità di creare nuove storie, stavolta non musicali, e nuove iniziative all’insegna della socialità inclusiva e accessibile. Nel caso, cercherei sicuramente di formulare qualcosa che possa riunire tutto ciò a cui mi dedico, ma che possa dare spazio ad altre menti e anime affini con cui collaborare. Al momento non mi sbilancio, ci sono diversi spunti ma è ancora tutto in fase primordiale.

Credi che ti stabilizzerai a Torino, dato le varie opportunità lavorative?
È molto probabile, ma la parola più importante che sto imparando a utilizzare per ogni aspetto della mia vita è: “finora”. In questa fase della mia vita sento la necessità di continuare a vivere qui, ma poi sarà inevitabile cominciare a espandere il proprio raggio d’azione, a macchia d’olio o di leopardo, purché lo si faccia. Ho la fortuna di dedicarmi a mondi che mi portano inevitabilmente a viaggiare e muovermi tanto, e anche questo per me è molto importante.

Grazie Paolo e complimenti per il lavoro che svolgi
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