Clara Artale, archeologa ed autrice di “Cronache di donne, da Pandora al pandoro”

Clara Artale, archeologa, giornalista e docente, ha dedicato la sua vita alla scoperta e alla valorizzazione del patrimonio archeologico del Mediterraneo. Con una formazione di alto livello e una passione per la scrittura e la divulgazione, ha recentemente pubblicato il libro “Cronache di donne, da Pandora al pandoro – Appunti sparsi sul senso di colpa (dolci inclusi)” con Carthago Edizioni. In occasione della presentazione del suo libro, che si è tenuta il 21 settembre 2024 ad Avola, abbiamo il piacere di intervistarla per conoscere meglio il suo percorso e le sue riflessioni.

a cura di Salvatore Cucinotta ed Antonio Capua


Benvenuta su Che! Intervista, Clara! Il tuo percorso accademico e professionale è ampio e variegato. Qual è stato il momento che ti ha fatto appassionare all’archeologia e alla valorizzazione dei beni archeologici?
Intanto grazie per l’intervista. Sono sempre stata affascinata dalla storia antica e dalla mitologia, sin dalla più tenera età. In questo mi ha aiutato la visione del cartone animato Pollon, la piccola combinaguai figlia di Apollo che aspirava a divenire una dea mentre seminava una serie di pasticci nell’Olimpo. Tra una risata e un mito, in chiave ironica, mi sono appassionata all’antica Grecia, alla storia, alla mitologia in generale. Dopo il liceo classico ho deciso di studiare Archeologia classica e da lì mi sono specializzata in tale disciplina. Vengo dalla Sicilia: sono nata a Gela, città legata indissolubilmente al destino del tragediografo Eschilo, e sono della provincia di Siracusa (Avola), colonizzata dai Corinzi nel 734-33 a.C. Credo che l’antico in qualche modo scorra nelle mie vene.

Il Mediterraneo è una regione ricca di storia e culture. Cosa ti ha affascina dell’arte romana in generale?
L’arte romana nasce già grande in qualche modo: guarda all’arte greca e a quella etrusca e continua egregiamente il percorso. Roma è, secondo me, la città più bella del mondo, sogno di viverci almeno per qualche anno. Credo che nel tragitto tra i fori e il Colosseo si svelino lentamente la potenza ancestrale della bellezza, l’armonia delle proporzioni, la leggiadria delle forme, le tracce autentiche di ciò che fu. Se i greci furono raffinati architetti i romani furono anche innovativi ingegneri: basti pensare agli acquedotti, agli archi e alla magnificenza delle grandi costruzioni, che qualche millennio alle spalle ce l’hanno. 

Oltre a essere un’archeologa, sei anche una giornalista. Come riesci a conciliare questi due mondi e in che modo il tuo lavoro giornalistico influenza la tua attività di ricerca e viceversa?
Ho due grandi passioni: l’amore per l’antico e la scrittura. Come ho scritto nel libro, scrivo da sempre, da quando ho memoria. Quando più di dieci anni fa stavo per lasciare Catania, città in cui avevo studiato e concluso il mio percorso accademico, mi sono decisa a partecipare a un corso di scrittura creativa: da lì ho pubblicato un racconto e sono stata scelta dal giornalista che teneva il corso per scrivere per la rivista che dirigeva. Poco dopo sono diventata la direttrice editoriale della rivista d’arte e ho intrapreso il percorso da giornalista, concluso nel 2017 con l’scrizione all’albo presso l’Ordine dei giornalisti di Sicilia. Oltre a fare la giornalista insegno in una scuola secondaria di secondo grado a Milano. Ecco, tutto questo per dire che scrivo come giornalista sostanzialmente di scuola e di arte. 

Nel tuo nuovo libro “Cronaca di donne, da Pandora al pandoro”, affronti il tema del senso di colpa attraverso figure femminili mitologiche e storiche. Cosa ti ha spinto a scegliere questo tema e come hai legato la storia con l’attualità?
Nell’agosto scorso ho riflettuto sulla condizione della donna, che ancora fatica a imporsi come figura libera, slegata dalle convenzioni e dai vecchi dettami della società. La storia, la mitologia e la società ci hanno raccontato essenzialmente che la donna è lo strumento attraverso il quale preservare la traccia umana sulla terra. Diciamo che è così, ma non è il suo solo ruolo. Per secoli alle donne è stato tenuto lontano il famoso cassetto dei sogni; ora le cose stanno cambiando, ma mi chiedo se la società sia veramente pronta ad accettare le nostre “rivoluzioni”. Riflettendo, Pandora è diventata nel mio immaginario la miccia in grado di accendere questo circolo: tutto il male sul cosmo proviene dalla curiosità di una donna che ha scoperchiato un vaso, disobbedendo all’ordine di Zeus che le aveva imposto di non aprirlo. Ed è solo un esempio: nel capitolo “Dieci anni di battaglie ma la colpa è di Elena” rifletto sul fatto che mentre i Greci, per avidità e potere, portano la guerra a Troia, la responsabilità viene fatta ricadere su Elena, che segue l’amante Paride a Ilio.

Il titolo del libro è curioso e intrigante, con un riferimento particolare al “pandoro”. C’è un significato simbolico o un aneddoto particolare dietro questa scelta?
Come spiego nella sinossi, il riferimento al pandoro ha il solo scopo di creare un’assonanza con Pandora, madre di tutte le curiose, e alludere al peccato di gola. Indago il senso di colpa in toto: probabilmente proviene dal modo in cui ci hanno descritte e raccontate. 

In quanto docente e divulgatrice, hai un ruolo importante nel trasmettere il valore della storia e dell’archeologia alle nuove generazioni. Quali sono secondo te gli strumenti più efficaci per far appassionare i giovani a questi temi?
Di solito cerco sempre un punto d’unione con il mio interlocutore, anche con chi non la pensa come me. In questo caso bisogna fare in modo che le nuove generazioni trovino nell’antico ciò che li accomuna. Durante le lezioni di storia dell’arte al liceo, qualche anno fa, ricordo che trascinavo l’attenzione degli studenti nell’antichità attraverso rimandi continui alla loro quotidianità. Erano curiosi di sapere come vivevano i greci e romani, come si truccavano le donne, come organizzavano la propria giornata, come curavano la loro istruzione. Bisogna rendere il passato attuale, penso questo.

Sei una visitatrice assidua di musei e lettrice accanita. C’è un museo o un libro che ti ha particolarmente segnato e che consigli a chi vuole avvicinarsi al mondo dell’archeologia o della storia?
Giro per musei preferibilmente in solitaria, mi piace soffermarmi su ciò che più mi affascina, prendere appunti, annotare le mie sensazioni. Credo che il museo dell’Acropoli di Atene sia da visitare, anche perché dalle vetrate si scorge il Partenone, il tempio per antonomasia, dedicato ad Atena, dea eponima di Atene. Le opere che si trovano al suo interno sono portatrici di una sacralità immensa. Ho avuto la fortuna di tornarci a luglio, Atene è sempre una buona idea. Rispetto ai libri, mi sento di consigliare un romanzo che ho adorato, trovato per caso in un mercatino di Palermo, “Viaggio a Ninive” di Marina Jarre. La protagonista è un’archeologa. Inutile dire che mi sono rivista in lei…

Il rapporto tra donne e senso di colpa è un tema molto discusso. Nel tuo libro, come hai scelto le figure femminili che rappresentano questo concetto e quali messaggi vorresti trasmettere alle lettrici di oggi?
Credo che le donne spesso siano state additate, soprattutto quando hanno deciso di dire “no”, si sono ribellate e hanno cambiato rotta. Mi chiedo senza prendermi troppo sul serio, perché l’ironia è il condimento che ho deciso di aggiungere a questo piatto, se è nato prima il senso di colpa femminile o la sensazione che la colpa sia delle donne. Pandora, Elena ed Eva sono le tre donne a cui mi riferisco in questo discorso tutto incentrato e costruito sulle responsabilità. Il mio è un libro sulle donne per le donne e gli uomini: utilizzo molto le parentesi, in cui parlo soprattutto alle lettrici. Questo espediente e l’ironia spariscono quando ci si avvicina agli ultimi due capitoli, “F di femminicidio” e “Senza fine”. Qui probabilmente parlo soprattutto agli uomini e do la mia personale versione dei fatti: l’amore finisce come ogni altra cosa, si può amare per sempre una persona ma mai trattenerla per sempre. Senza fine, l’ultimo capitolo, è un inno alla speranza e mi ricollego a Pandora (che nello scoperchiare il vaso lascia incastrata nel fondo del contenitore la speranza), che sì è stata curiosa, ma quanto glielo stiamo rinfacciando… io in primis (scherzo, ovviamente).
Il messaggio che vorrei trasmettere alle lettrici è questo: vivete la vostra vita come meglio credete, lasciate stare le convenzioni e le buone abitudini. Questo è il nostro tempo: una donna può decidere di sposarsi presto e mettere al mondo dei figli, così come può decidere di vivere la propria vita liberamente in viaggio verso le proprie aspirazioni. In entrambi i casi non deve essere giudicata, deve essere libera di fare la propria scelta, ma soprattutto nessuno deve pensare che essere madre renda una donna più donna. Non devono pensarlo nemmeno le donne.

Vivere e lavorare a Milano, una città così diversa dalla tua Sicilia natale, ha influenzato il tuo modo di vedere l’archeologia e il patrimonio culturale? In che modo?
Io sono siciliana, lo sarò per sempre. Mi definisco “siciliana di nascita”: per me equivale a dire “sono figlia della Sicilia, mi ha generato, sono sua”. Il mio cuore è immerso nel mar Ionio, che dall’altra parte tocca la Grecia. Milano è ricca di eventi, musei e cerco di girare quanto più posso, adoro il suo meraviglioso patrimonio e il fatto che basta spostarsi un poco per raggiungere le grandi capitali europee e non solo. Detto ciò, mi piace immaginarmi cittadina del mondo, adoro viaggiare, mi piace vedere posti nuovi, cogliere nel diverso qualcosa che è nato con me. Insomma: non so dove vivrò “da grande”.

Infine, quali sono i tuoi progetti futuri? Hai in programma nuove ricerche archeologiche o pubblicazioni legate a temi storici o culturali?
Sto lavorando a una raccolta di poesie che metterà insieme componimenti giovanili e quelli più recenti. Sto rivedendo un romanzo che ho scritto qualche anno fa e adesso vorrei pubblicare. A breve lavorerò a un progetto che mi entusiasma molto e mi porterà all’estero per un po’ ma che per adesso deve rimane top secret. Nel frattempo, continuo ad appuntare tutto ciò che mi circonda.

Grazie per le domande, grazie per l’attenzione.
Grazie a te Clara e complimenti per il tuo lavoro!
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