Gianpiero Pumo, nato a Palermo nel 1979, è un regista, attore e sceneggiatore che ha costruito la sua carriera tra Roma e New York. Ha recitato in importanti produzioni come Squadra Antimafia, Suburra, La Belva e House of Gucci, collaborando con grandi nomi del cinema internazionale. Nel 2022, ha deciso di dedicarsi alla regia con il film Ciurè, che ha ottenuto numerosi riconoscimenti in festival internazionali. Parallelamente, Pumo è docente di recitazione e scrittura creativa presso la Scuola di Cinema di Palermo. In questa intervista, ci racconta il suo percorso artistico e i suoi progetti futuri.


Benvenuto Gianpiero, la tua formazione artistica si è sviluppata tra Roma e New York. In che modo
queste due realtà così diverse hanno influenzato la tua crescita come attore, regista e
sceneggiatore?

Grazie per questo invito, è un piacere stare con voi. La mia formazione è stata principalmente
attoriale; di Roma conservo i momenti più belli, quelli legati alla scoperta, ai primi passi su un
palcoscenico o su un set, la spensieratezza e la voglia di mettersi sempre in gioco; tutto questo è
avvenuto a Roma. A New York, al Susan Batson Studio, invece arrivavo con una formazione più o
meno solida, e lì c’è stato un crack nella mia visione da attore. Vedevo che a loro non
interessava la performance in termini di “bella o brutta, giusta o sbagliata” ma semplicemente
“vera o fintamente vera”. Da lì in poi, la mia priorità è sempre stata la ricerca della verità.

Hai recitato in produzioni di grande rilievo come Squadra Antimafia, Suburra, La Belva e House of Gucci. C’è un ruolo che ti ha segnato particolarmente e che ha cambiato il tuo approccio alla recitazione?
Sì, c’è e non è legato ad una grande produzione. È stato durante le riprese di una piccolissima produzione indipendente per la puntata pilota di una possibile serie tv. Piccolo budget e tanti attori vogliosi di emergere e fare un prodotto di qualità, molti di loro sono tutt’ora miei grandi amici come Andrea Orlando (Dop di Ciurè e Samsa), William Angiuli, Marilù Pipitone e Renato Paioli. Ci confrontavamo, discutevamo i personaggi e li analizzavamo sotto ogni punto di vista. Le riprese erano ambientate nella Foresta di Mercadante in Puglia, prima di ogni scena mi isolavo ascoltando la natura, dimenticando la pressione del ruolo, traendone solo la bellezza del momento. Da quell’esperienza in poi ho cercato quel tipo di sensazione in ogni set. Alla fine, facemmo un ottimo lavoro, apprezzato da molti ma, come per tante produzioni indipendenti, non vide mai la luce.

Il tuo primo spettacolo teatrale, Il Pretesto, è stato patrocinato da Amnesty International. Cosa ti ha ispirato nella scrittura di questa opera e quanto è importante per te affrontare temi sociali attraverso il teatro e il cinema?
Sono passati tanti anni da quel testo ed è sicuramente il mio lavoro più acerbo ma è il primo e quindi quello a cui devo tutto il resto. Decisi di scriverlo perché volevo regalarmi un bel ruolo da interpretare, un puro atto di egoismo. Poi, scoprii che la scrittura riusciva a darmi un senso di libertà che tutt’ora nient’altro riesce a darmi. Ne capii il potenziale: attraverso piccole storie intime avevo, e ho, la possibilità di affrontare temi molto più grandi, più importanti ma mai con la pretesa di dare delle risposte, bensì stimolando delle domande. Questo è quello che provo a fare con il teatro e con il cinema: raccontare storie umane che si muovono attraverso grandi temi sociali, in modo che ognuno di noi possa empatizzare con i personaggi e interrogarsi sulle proprie posizioni a riguardo.

Con La Belva Giudea hai vinto il Premio Giuliano Gemma come miglior attore. Cosa ha significato per te ricevere questo riconoscimento e quali sfide hai affrontato nell’interpretazione di questo ruolo?
Il Premio Giuliano Gemma è stato il primo riconoscimento che ho ricevuto, quindi il suo valore è più legato all’esperienza della “prima volta” che al fattore “premio”. Non credo che i premi difiniscono la carriera di un artista ma ne vado orgoglioso perché La Belva Giudea è probabilmente il testo teatrale che mi rappresenta di più come idea drammaturgica e, in parte, anche interpretativa. Per il ruolo di Harry Haft ho passato decine di ore in palestra di pugilato e ho modificato il mio corpo, prendendo quasi dieci chili di massa muscolare, per calarmi meglio nel personaggio. Ormai sono sei anni che porto in giro per l’Italia questo spettacolo ed è difficile mantenere sempre quella forma fisica. Prima o poi anche io dovrò appendere i guantoni al chiodo.

Nel 2022 hai deciso di passare dietro la macchina da presa, dirigendo e interpretando Ciurè, un film che ha vinto oltre 20 premi internazionali. Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera di regista e come hai vissuto questo cambiamento?
Questo è sicuramente il passaggio più importante della mia vita artistica. Per lo stesso motivo de La Belva Giudea, volevo scrivere la sceneggiatura di un film che come attore mi permettesse di esprimermi in modo totalitario; ne venne fuori Ciurè e il personaggio di Salvo che affronta un affascinante arco di trasformazione. I miei scritti cominciavano ad avere anche un immaginario ben definito e, durante una riunione di produzione per discutere a chi affidare la regia, il direttore della fotografia Andrea Orlando suggerì il mio nome perché, secondo lui, avevo le idee molto chiare e la giusta visione del film. Per alcuni sembrò un azzardo ma la produzione mi diede fiducia e alla fine mi ritrovai sul set a dirigere il mio primo film. È stato tutto molto naturale sin dal primo momento nonostante fossi anche protagonista, come se il ruolo di regista mi aspettasse da tempo. Come già detto, i premi non definiscono un artista ma ricevere così tanti riconoscimenti in prestigiosi Festival di tutto il mondo da due anni a questa parte mi fa capire come l’intuizione di Andrea fosse stata giusta e di questo gliene sarò sempre grato. In questo momento della mia vita, stare dietro la macchina da presa è sicuramente il mio posto ed è dove voglio stare.

Ciurè ha avuto un impatto significativo nei festival cinematografici internazionali. Qual è il messaggio principale che volevi trasmettere con questo film e come pensi sia stato recepito dal pubblico?
Quando ho scritto Ciurè volevo raccontare una storia forte, di pancia, legata a temi per me importanti: la famiglia, l’emarginazione e la libertà di amare. Non scrivo mai pensando a come reagirà il pubblico, cerco di mettere una lente d’ingrandimento sui personaggi con tutte le loro sfumature, debolezze e difetti senza mai giudicarli. L’obiettivo è quello di far empatizzare lo spettatore con il personaggio, anche per questo ho voluto utilizzare un linguaggio “pop” nel senso di popular per arrivare anche ai più giovani che sono il nostro futuro. Se dovessi definire la reazione del pubblico con una parola, utilizzerei “cannibale”. Ogni proiezione alla quale abbia partecipato è sempre terminata con una standing ovation, abbracci, lacrime, messaggi a distanza di settimane. Questa estate, mentre stavo ad un festival con un altro lavoro, mi si è avvicinato un ragazzo chiedendomi se fossi il regista e l’interprete di Ciurè; era così entusiasta di presentarmi la sua compagna, una dolcissima ragazza transgender, e ringraziarmi perché era merito del mio film se loro stavano insieme. Beh… questi sono i veri riconoscimenti.

Hai appena concluso le riprese di Samsa, un cortometraggio che hai scritto e diretto con il supporto del Comune di Palermo. Puoi raccontarci di cosa tratta e quali sono i temi che hai voluto esplorare?
Non vorrei svelare troppo. È un film breve che affronta il tema dell’immigrazione, dell’integrazione e lo fa attraverso la cucina. Anche in questo caso, non cerco di parlare di un tema sociale e umano così grande, parlo di individui con le loro microstorie all’interno di una macrostoria. È stato un set molto complicato, avevo tante cose da dire e dovevo farlo in poco tempo, moltissime location e alcune davvero estreme, ho avuto un cast di circa 40 attrici e attori di cui la metà formato da giovani migranti alla loro prima esperienza. Anche il protagonista JC ha vissuto la sua prima esperienza sul set ed è stato affiancato dallo splendido Filippo Luna. Ora inizieremo il montaggio e poi punteremo i maggiori Festival.

Oltre al lavoro sul set, sei anche docente di recitazione e scrittura creativa alla Scuola di Cinema di Palermo Piano Focale. Qual è il tuo approccio didattico e quali consigli dai ai giovani aspiranti attori e sceneggiatori?
Sono severo e pretendo molto dai miei allievi, non in termini di performance ma di impegno. Questo è un lavoro difficile con una grandissima concorrenza, quindi se vuoi fare questo mestiere devi impegnarti con tutto te stesso. Penso che, come maestro, il mio più grande “difetto” sia quello di tenerci davvero tanto ai miei allievi, desidero vederli crescere e sbocciare e non li mollo finché non ci riesco; otto di loro hanno fatto parte del cast di Samsa ed è stato molto bello e gratificante dirigerli. Il mio consiglio a tutti gli aspiranti attori è quello di non omologarsi alla massa, non cercate di imitare qualcun altro e non nascondete quelli che crediate siano i vostri difetti: ricordate che sono proprio quelli a rendervi unici.

Hai lavorato a cavallo tra cinema e pubblicità, recitando al fianco di grandi nomi come Kevin Costner. Come riesci a bilanciare la tua carriera artistica tra cinema, televisione e pubblicità?
Negli anni passati ho lavorato tanto nella pubblicità, grandi produzioni internazionali in cui non trovi alcuna differenza con un set cinematografico. L’incontro con Kevin Costner è sicuramente uno di quei ricordi che custodisco gelosamente, ero giovanissimo e non capita tutti i giorni di recitare a fianco di un Premio Oscar. Ultimamente non riesco più a fare pubblicità, complice anche il fatto che adesso vivo a Palermo dove se ne produce meno. Quello che mi manca davvero è il teatro che, per via degli impegni cinematografici, ho dovuto in parte sacrificare. È quasi impossibile fare tutto contemporaneamente, sopratutto per me che scrivo i miei progetti. Cerco di darmi delle priorità a breve termine.

Quali sono i tuoi prossimi progetti cinematografici e cosa possiamo aspettarci dalla tua carriera sia come regista che come attore?
Prima di tutto chiudere Samsa, poi vorrei tornare a teatro con un nuovo testo che sto iniziando a scrivere e inoltre c’è un nuovo anno accademico che sta per iniziare. L’appuntamento più importante è di certo il mio prossimo lungometraggio, una storia molto pop con un cast di primo ordine. Di più non posso dire ma spero di potervelo mostrare presto.

Grazie Gianpiero per questa bella intervista! Tienici aggiornati sui tuoi lavori futuri!
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