Tra tradizione e innovazione: un viaggio dietro le quinte di L’orma Editore

Fondata nel 2012, L’orma Editore è una casa editrice indipendente che ha costruito un ponte tra l’Italia e l’Europa, portando nelle nostre librerie autori cruciali delle letterature francese, tedesca e, dal 2019, anche italiana. Sotto la guida dei fondatori Lorenzo Flabbi e Marco Federici Solari, L’orma si è distinta per la sua vocazione a esplorare la contemporaneità con uno sguardo mobile e profondo. Con un catalogo di opere che spaziano dai classici moderni alle voci più innovative della narrativa italiana, L’orma è un punto di riferimento per chi cerca una letteratura capace di stimolare e sorprendere. Ma cosa guida le scelte editoriali di questa realtà unica? Qual è la loro visione del futuro dell’editoria?

a cura di Antonio Capua


Benvenuti su Che! Intervista, quali sono state le prime ispirazioni e aspirazioni che vi hanno spinto a fondare una casa editrice indipendente focalizzata sulle letterature francese e tedesca?
L’orma è nata per un concorso di considerazioni e slanci. Scegliamo due motivi, uno di carattere pubblico e uno più privato: il primo risiede nel desiderio di non restare isolati in alcune fasi dell’amministrazione del sapere, e quindi di vincere una forma di claustrofobia che può talvolta prendere chi vede nello studio la sua principale funzione sociale (studenti, ricercatori, docenti, scrittori, cani sciolti della cultura); il secondo era far nascere dall’amicizia che lega noi due editori, Marco Federici Solari e Lorenzo Flabbi, per noi così profonda e prolifica, qualcosa di condivisibile anche all’esterno, coniugando quindi gli affetti con una professione aperta al mondo.

Dall’ottobre 2012 – quando sono usciti i nostri primi libri – a oggi, L’orma ha preso strade editoriali che all’inizio non prevedevamo potessero diventare così importanti, come per esempio lo scavo nella memoria, l’indagine sul tempo che lega il passato al nostro presente, e ha avuto la ventura di affermarsi come una realtà autorevole nel panorama editoriale, anche grazie al prezioso lavoro svolto sulla traduzione.

Essendo, noi editori, un francesista e un germanista di formazione, e avendo vissuto per lunghi periodi in Francia e Germania, è stato abbastanza naturale partire da questi due luoghi e dalle rispettive letterature per raccontare il mondo in cui viviamo e condividere con i lettori alcuni strumenti per interpretarlo.

Con opere che spaziano tra autori cruciali del passato e voci contemporanee, come scegliete i libri da pubblicare? Cosa significa per voi portare “ciò che si muove in Europa” in Italia?
Con il nostro lavoro, ci proponiamo di dare voce alla complessità e alle contraddizioni della contemporaneità. Ci preme intercettare «ciò che si muove in Europa», ossia quella pluralità, quella disomogeneità, quella varietà di lingua e di pensiero capace di cogliere e sintetizzare le differenti sfaccettature presenti nella vita di ciascuno, con l’intento di raggiungere chiunque sia disposto ad allargare il proprio sguardo sul mondo. È un concetto, questo, riassumibile nel concetto di «sguardo mobile» ­- l’espressione è presa da Montaigne – di cui ci parlò per primo Antonio Prete, durante le lezioni all’università di Siena.

Quel che guida la nostra ricerca editoriale è in sostanza la qualità letteraria dei testi, anche perché siamo persuasi che le persone abbiano sete di proposte articolate e non infantilizzanti. E siamo inoltre convinti – ne abbiamo avuto la riprova nel corso di questi anni – che esistano ancora molti spazi da esplorare, molti autori e autrici fuori dai radar da scoprire o riproporre.

Dal 2019 avete incluso nuove voci italiane nel vostro catalogo. Qual è il filo rosso che lega autori così diversi tra loro?
Alla collana che ospita le voci italiane della letteratura contemporanea, aperta nel 2019, abbiamo dato il nome «I Trabucchi». Un trabucco è una mac­china da pesca che un uomo solo non basta a manovrare, una tecnolo­gia artigiana che presup­pone una comunità ope­rosa capace di trasforma­re il paesaggio in ingegno e condivisione. La collana di autrici e autori italiani ha quindi l’ambizione di gettare le proprie reti nelle acque della nostra letteratura per raccogliere voci e storie che catturino il mondo con sguardo mobile e una passione sempre viva; un insieme di voci che sia in dialogo con la Repubblica delle Lettere europea e internazionale, e che si muova in spazi ibridi, tra ri­trovamenti del patrimo­nio novecentesco e libri formati e deformati dal presente.

L’orma è anche sperimentazione e innovazione. Qual è il significato del vostro progetto I Pacchetti?
Nel 2012, appena aperta la casa editrice, sapevamo di dover progettare oltre alla nostra collana principe di letteratura francese e tedesca, la Kreuzville, anche una collana che ci consentisse un più immediato ingresso nelle librerie. Una strada percorribile era quella di esplorare autrici e autori già presenti nel canone, i cosiddetti classici, ma volevamo farlo con uno sguardo innovativo e iconoclasta, sia per ciò che riguarda l’oggetto libro sia per il contenuto. Gli epistolari dei grandi nomi della storia del pensiero, molti dei quali completamente o in parte ancora inediti in Italia, ci consentivano di fare proprio questo tipo di operazione. Sono quindi nati I Pacchetti, piccoli volumi leggeri e tascabili che uniscono libro e cartolina in una veste tipografica inedita e di immediata riconoscibilità. Costituiti da carteggi e racconti, lettere, discorsi e altri scritti inconsueti, questi libricini recuperano la missiva come un dono di pensiero per accompagnare un incontro, un’occasione o un evento. Nasce così un’idea regalo o da collezione che, con due semplici piegature, è pronta per essere spedita.

La collana Kreuzville Aleph esplora il nostro passato con uno sguardo moderno.
Qual è il legame tra le tradizioni culturali e i fermenti contemporanei che volete ricostruire attraverso queste opere?

Chiamiamo Kreuzville Aleph la “sorella maggiore” della nostra collana di contemporanea (Kreuzville) perché in essa vi pubblichiamo testi che sono in diversa maniera germinativi proprio della contemporaneità: abbiamo aggiunto Aleph al nome Kreuzville sia come riferimento alla prima lettera dell’alfabeto ebraico, e quindi simbolo di inizio e radice, sia per riferirci al punto in cui si concentrano tutte le cose, descritto nella famosa Finzione di Jorge Luis Borges (autore a cui siamo molto affezionati). Un esempio perfetto e per certi versi monumentale, con cui inaugurammo la collana assieme a Il posto di Annie Ernaux, è I giorni e gli anni di Uwe Johnson: un libro decisivo che ha esercitato un’influenza incalcolabile sulle successive generazioni di scrittori tedeschi. Scritto in più di un decennio attraverso gli anni Settanta del Novecento, è un affresco meraviglioso che interpella il nostro presente quanto quello dell’annus mirabilis, il 1968, in cui si svolgono i fatti narrati.

Ogni libro pubblicato in questa collana non è solo una riscoperta di un classico o un’opera di valore storico, ma un tassello di un mosaico più ampio che mira a ricostruire un’identità culturale europea in costante evoluzione. Attraverso la pubblicazione di testi che rileggono grandi momenti della Storia e del pensiero, cerchiamo di offrire strumenti per comprendere il nostro tempo con maggiore consapevolezza.

Quali sono le sfide principali che una casa editrice indipendente come L’orma deve affrontare nel panorama editoriale italiano?
Essere un editore indipendente significa avere la libertà di scegliere il proprio catalogo sentendo contemporaneamente il dovere di perseguire una linea editoriale coerente, ossia di costruire una propria fisionomia che ti renda riconoscibile nel vasto mare delle migliaia di titoli che inondano ogni anno le librerie d’Italia. Puntare sulla letteratura significa per noi tenere «un baricentro interno» ossia pubblicare libri per motivazioni che vanno al di là di quelle commerciali, cercando di trovare un proprio spazio di creatività all’interno delle logiche della sostenibilità economica.

Il logo de L’orma, ispirato all’opera dell’artista Humbert de Superville, è solo un esempio di come il visual e il letterario si fondano nel vostro progetto. Qual è il ruolo dell’arte nelle vostre pubblicazioni?
Nei nostri libri, l’elemento visivo non è mai puramente decorativo, ma sempre in dialogo con il contenuto dell’opera, diventando così parte attiva della narrazione. Nella cura tipografica, nelle copertine, nei progetti in cui parola e immagine si fondono in maniera organica, l’arte è sempre un vettore di senso che amplifica e completa il testo. Un esempio emblematico è quello della collana I Pacchetti, in cui grazie alla veste tipografica il libro si trasforma in un oggetto da scoprire e manipolare. Si pensi anche alla serie «Manifesto Incerto» di Frédéric Pajak, in cui le tavole a china si fondono con le narrazioni biografiche su Walter Benjamin, Ezra Pound o Vincent van Gogh. O ancora, e in una direzione totalmente diversa, ai preziosi apparati iconografici presenti nei volumi dell’Hoffmanniana, che rendono possibili approfondimenti, anche dal punto di vista visivo, dell’opera del maestro del perturbante.

Con la vostra esperienza nel promuovere autori emergenti e classici, quali tendenze letterarie vedete emergere nei prossimi anni?
Di certo – e ci riguarda da vicino – c’è un’attenzione crescente per il memoir e per le altre varie forme con cui può manifestarsi l’autobiografia. Non mancano però tentativi di sperimentazione, anche stilistica, che spesso intersecano altri linguaggi artistici, per cui il libro smette di essere soltanto un certo tipo di oggetto e diventa un nodo all’interno di una rete di connessioni mediali e culturali più ampie.

L’orma Editore si distingue per un’attenzione particolare alla qualità delle traduzioni.
Fin dalla progettazione della casa editrice, eravamo consapevoli del rilievo che avrebbe occupato la traduzione all’interno del nostro lavoro quotidiano. Entrambi avevamo accumulato una grande esperienza in campo traduttivo, sia dal punto di vista pratico che come ricercatori nell’ambito della comparatistica – Lorenzo Flabbi, in particolare, ha insegnato Teoria della traduzione all’università di Paris III.

Negli anni, L’orma è diventata quindi una vera e propria officina traduttiva, in cui la traduzione è concepita anche come un’operazione collettiva, un “cantiere” in cui il testo passa attraverso più mani.

Questo metodo di lavoro ha portato anche alla creazione di pseudonimi collettivi per firmare alcune pubblicazioni, proprio perché il processo di revisione della traduzione coinvolge spesso più persone, al punto da rendere impossibile attribuire il lavoro a un unico individuo​.

In un’epoca dominata dal digitale, come trovate il giusto equilibrio tra la tradizione del libro cartaceo e le sfide imposte dalle nuove tecnologie editoriali?
Il digitale offre oggi possibilità di comunicazione fino a poco tempo fa inimmaginabili, soprattutto grazie all’avvento dei social. Non crediamo affatto che sia un nemico del libro, ma anzi che possa contribuire alla sua diffusione – si pensi alle tante comunità di lettori e lettrici online su TikTok, Instagram eccetera. Inoltre siamo convinti che – parafrasando parole e concetti già magistralmente espressi da Umberto Eco – esistano alcune tecnologie talmente perfette da non necessitare un ulteriore sviluppo: così come il cucchiaio è il miglior strumento per mangiare la zuppa e lo sarà sempre, l’oggetto libro come lo conosciamo dall’invenzione della stampa rimane la migliore tecnologia possibile per un certo tipo di esperienza di lettura. La sfida, in questo senso, è tutta nel riuscire a utilizzare i mezzi digitali per far arrivare i nostri libri nelle mani di lettori e le lettrici che possano amarli.

Grazie per il vostro tempo e complimenti per il lavoro che con passione portate avanti
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