Mi chiamo Clara e la mia storia inizia a Milano negli anni ’90, quando avevo solo sei anni. Vivevo con mia madre Marta in un piccolo appartamento in un quartiere popolare della città. Non avevamo molto, ma lei mi amava con tutto il cuore. Ricordo le sue mani laboriose che preparavano pasti semplici ma deliziosi e le nostre passeggiate nei parchi della città.

Ma quei tempi felici erano costantemente minacciati da problemi economici. Mia madre faceva del suo meglio per far quadrare i conti, ma il lavoro era scarso e le bollette si accumulavano. Ogni notte, la sentivo piangere silenziosamente nella sua stanza, cercando di nascondere la sua disperazione. Poi, una notte, tutto cambiò.

Mi svegliai e trovai una lettera nella tasca del mio vestitino preferito. Mia madre mi condusse in strada, dicendomi che dovevamo fare una passeggiata. Era buio e faceva freddo. Mi prese per mano e camminammo fino a un edificio grande e austero che non avevo mai visto prima. Mi disse di aspettare lì, che sarebbe tornata presto. La vidi allontanarsi e non la vidi mai più.

Crescendo in orfanotrofio, mi aggrappai alla lettera che aveva lasciato. Era piena di lacrime e di parole d’amore, spiegava che mi stava abbandonando non perché non mi amasse, ma perché sperava che io avessi una vita migliore. Non riuscivo a capire, ma quella lettera era tutto ciò che avevo di lei.

Gli anni passarono e il vuoto dentro di me cresceva. Decisi che un giorno l’avrei ritrovata. Mi dedicai agli studi e, una volta uscita dall’orfanotrofio, iniziai a lavorare e a risparmiare ogni centesimo per poter cercare mia madre. Ogni indizio, ogni piccolo dettaglio diventava una speranza.

Dopo ventisei anni di ricerche, trovai finalmente un indizio che mi portò a un piccolo paesino di montagna. Era un giorno freddo e ventoso quando arrivai. Il cuore mi batteva forte mentre mi avvicinavo a una casa modesta con il tetto di tegole rosse. Bussai alla porta, aspettando con il fiato sospeso. La porta si aprì lentamente e vidi una donna dai capelli grigi e gli occhi pieni di stanchezza.

“Mamma?” sussurrai, sentendo la voce spezzarsi.
Mi guardò incredula. “Clara, sei tu?” rispose con un filo di voce.

In quel momento, tutto il dolore e la solitudine che avevo provato si sciolsero. Ci abbracciammo, piangendo lacrime di gioia e dolore. Mia madre iniziò a spiegarmi il motivo della sua scelta, raccontandomi del tormento che aveva vissuto in tutti quegli anni. Ascoltavo, sentendo il peso di una vita di domande finalmente sollevato.

Passammo giorni insieme, cercando di recuperare il tempo perduto e ricostruire il nostro legame. Mi raccontò della sua vita dopo l’abbandono, di come aveva sempre sperato che un giorno sarei tornata da lei. Io le parlai della mia infanzia nell’orfanotrofio, delle difficoltà e dei momenti di forza che mi avevano portato fino a quel giorno.

Il dolore del passato non poteva essere cancellato, ma insieme trovammo un modo per andare avanti. Ricostruimmo una nuova vita fatta di amore, perdono e speranza. La nostra storia diventò un simbolo di resilienza e della potenza dell’amore che, nonostante tutto, riesce sempre a trovare una strada per ricongiungere i cuori.

Copy link