Con “Untouchable”, il DJ e producer Daniele Mastracci torna a far vibrare la scena musicale elettronica con un brano che è un perfetto connubio tra eleganza retrò e groove contemporaneo. Pubblicato da LaPOP in coedizione con Flippermusic, il singolo fonde la sensualità della voce di Allegra Lusini con atmosfere che richiamano l’Italo Disco, reinterpretate in chiave Nu Disco. Tra sintetizzatori caldi, chitarre funk e una produzione curata nel minimo dettaglio, “Untouchable” è molto più di una traccia da club: è un’esperienza immersiva che attraversa epoche e sonorità.

a cura della redazione


Ciao Daniele, benvenuto e grazie per essere con noi! “Untouchable” è il tuo nuovo singolo: qual è stata la scintilla che ha dato inizio a questo progetto?
Grazie a voi, davvero. “Untouchable” è nata come nascono certe emozioni: all’improvviso, senza rumore. Una melodia ha cominciato a girarmi in testa era semplice, ma conteneva qualcosa di eterno, come quei ricordi che non svaniscono mai. Ho sentito subito che quel suono doveva raccontare qualcosa di irraggiungibile, ma vivo. Qualcosa che ci sfiora, ci attraversa… ma non si lascia mai prendere del tutto. Il brano è cresciuto così: come un sogno notturno in movimento, fatto di luce soffusa, synth che accarezzano l’aria e un basso che batte come un cuore.

    Il brano fonde elementi Nu Disco e Italo Disco con una produzione moderna. Come hai bilanciato questi due mondi apparentemente lontani?
    “Untouchable” è groove puro. Parte morbida, ma cresce con stile: le chitarre funk fanno salire la pressione, i synth spingono sul lato emotivo. È il tipo di traccia che non ti urla in faccia, ma ti prende alla pancia e ti porta dentro il mood. È musica calda, elegante, che vuole farti muovere senza forzarti come certe cose che senti addosso e non sai spiegare, ma ti restano, ti si ‘appiccicano’ addosso!
    Sono partito dal basso e dal kick devono parlare tra loro, come se danzassero. Poi ho costruito tutto intorno: il groove, prima di tutto, con ritmiche funk suonate vere, e synth che danno respiro e movimento. Ogni suono ha una posizione precisa, ma niente è rigido: tutto deve suonare vivo. Ho lasciato spazio alla voce di Allegra, che è il centro emotivo del pezzo, ma ho voluto che l’arrangiamento spingesse senza schiacciare, come se l’energia arrivasse dal fondo e salisse piano.

    La voce di Allegra Lusini è un elemento centrale di “Untouchable”. Com’è nata la collaborazione e cosa ha portato al sound finale?
    Con Allegra non è nata solo una collaborazione musicale, è nata una vita. Stiamo insieme da oltre 15 anni, siamo marito e moglie e abbiamo anche un bimbo. Ci siamo conosciuti grazie alla musica e da lì non ci siamo più fermati. È la voce di quasi tutte le mie tracce, e non è un caso: la sua sensibilità, la sua professionalità, il suo modo di entrare nel brano fanno la differenza. Conosce il mio ritmo, io conosco il suo respiro. C’è un’intesa quasi telepatica tra noi, ci basta uno sguardo o un gesto per capirci in studio. “Untouchable” è nata dentro il nostro spazio creativo, Feel Your Touch, che è anche la nostra agenzia. Prima c’è stata Chasing Dreams, e tante altre.Ma la prima di tutte fu Something Great. Con Allegra non servono parole: basta ascoltarci.

    “Untouchable” suona come un omaggio agli anni ’80 ma con un’estetica assolutamente attuale. Cosa ti affascina di quel decennio e in che modo influenza il tuo stile musicale?
    Negli anni ’80 c’era qualcosa di istintivo e profondo allo stesso tempo. Ho studiato molto quel periodo. La musica faceva ballare, ma anche sognare. C’era eleganza, groove, e una voglia di futuro che oggi si è un po’ persa. Io sono un adepto di Michael Jackson: per me rappresenta la massima espressione artistica di quel periodo. Concepisco la musica come la intendeva Mr. Gordy della Motown: ogni produzione deve seguire una visione chiara e riconoscibile, anche solo nella direzione creativa. Tutto quello che faccio deve seguire un filo preciso. Ogni traccia deve essere un passaggio per arrivare alla fine del viaggio.
    Con laPop e Flipper ho deciso di renderlo più Nu Funk e Nu Disco, ma che sfocerà anche in brani elettronici, perché è quello che sento in questo momento. Non è revival, è identità.

    La struttura del brano è pensata per il club, ma ha anche un’anima cinematografica. Quanto conta per te l’immaginario visivo nella composizione di un pezzo?
    Per me l’aspetto visivo è fondamentale, quasi quanto il suono. Quando compongo, vedo scene, luci, movimenti. Ogni brano nasce con un’immagine in testa, come se stessi girando un film senza videocamera. Non penso mai solo alla struttura musicale, ma a cosa potrebbe evocare: un tramonto su un tetto, una camminata notturna, due persone che si sfiorano senza toccarsi. La mia musica oggi non è solo da club: voglio che faccia muovere, ma anche cantare, emozionare, rimanere. Immagino i miei brani suonati dal vivo, con Allegra accanto, e il pubblico davanti che entra in quel mondo insieme a noi. Se non c’è immaginario, per me manca l’anima.

    Oggi si parla spesso di revival sonoro: secondo te, cosa rende la nostalgia musicale così potente e sempre attuale?
    La nostalgia musicale non è una moda, è un’emozione viva. A volte ti colpisce con una nota, un suono, e ti fa sentire qualcosa che magari non hai nemmeno vissuto, ma che riconosci come tuo. È potente perché ci connette a un tempo che sembra più autentico, più umano, meno filtrato.
    In un’epoca veloce e iper-digitale, quei suoni ci fanno respirare. Per me non si tratta di rifare gli anni ’80: si tratta di prenderne l’anima e portarla altrove. Non voglio replicare, voglio trasformare. La nostalgia serve a muovere, non a trattenere.

    La produzione è curatissima, dai bassi avvolgenti ai dettagli nei synth. Quali strumenti o tecniche hai privilegiato nella creazione di “Untouchable”?
    Ho lavorato molto sull’equilibrio tra suoni elettronici e strumenti reali. La linea di basso è stata creata unendo un basso suonato con uno synth analogico, per avere corpo e dinamica insieme. I synth sono tutti programmati a mano, niente preset: voglio che ogni suono abbia un carattere preciso. Uso spesso filtri in movimento per dare vita e modulazione alla parte armonica. E poi ci sono dettagli nascosti: delay ritmici, riverberi dosati al millimetro, chitarre funk registrate vere. Mi piace che ogni ascolto possa svelare qualcosa di nuovo.

    Se dovessi descrivere il brano con un’immagine o una scena da film, quale sarebbe?
    La scena è notturna, immersa in una foschia al neon. Le luci sono morbide ma pulsano come la musica. C’è lei che attraversa la città con passo deciso, come se stesse seguendo un’energia invisibile. Intorno tutto vibra, ma nessuno riesce a sfiorarla. “Untouchable” è questo: l’elettricità che si accende sotto pelle, il momento in cui senti una scintilla risvegliarsi dentro di te. È notte, è vibrazione, è distanza luminosa.

    Come si inserisce “Untouchable” nel tuo percorso artistico? È un’evoluzione, una parentesi stilistica, o l’inizio di una nuova direzione?
    Sono diviso in due, come credo lo siano molti artisti. Una parte di me è quella che ascolti in “Untouchable”: melodica, calda, accessibile, pensata per essere vissuta anche dal vivo. L’altra parte è più sperimentale, si muove in territori meno prevedibili, più viscerali, e si esprime in progetti paralleli dove esploro anche sonorizzazioni indigene e mondi sonori più “underground”. Non voglio fare paragoni, ma penso a figure come Prince, che riuscivano a tenere insieme lati molto diversi di sé.
    Il punto non è scegliere una direzione, ma lasciare che le cose fluiscano. “Untouchable” non è una parentesi né una rottura: è solo una tappa vera, naturale. Magari un giorno metterò tutto in un unico progetto, o forse non lo farò mai. Ma non importa. L’importante è avere idee e farle uscire con una logica, con rispetto per ciò che sei e per chi ti ascolta.

    Cosa vorresti che restasse a chi ascolta “Untouchable”? Un’emozione, un ricordo, o magari solo la voglia di ballare?
    Vorrei che restasse una sensazione. Non per forza un ricordo preciso o la voglia di ballare, ma qualcosa che ti rimane addosso. Quella vibrazione sottile che ti attraversa e magari torna quando meno te lo aspetti. Può essere una frase, un suono, un respiro. Non serve capire tutto, non serve trovare un significato. La musica, a volte, deve solo accompagnarti. E se anche una sola persona ascoltando “Untouchable” si ferma, anche solo un attimo, a sentire qualcosa… allora per me ha già fatto il suo lavoro.

    Grazie Daniele e complimenti per il tuo nuovo singolo!

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