Valerio Vecchi, autore e conduttore tv, è tornato sul panorama editoriale con il suo terzo libro dal titolo “Come la cerva anela ai corsi d’acqua” per Amazon Indipendent Publishing, disponibile anche in versione kindle.
Dopo le opere letterarie “La spettacolare storia di Ebenizer” (2018) e “Il sorriso degli elefanti (2021), Vecchi si propone ora con un libro incentrato sulle relazioni e la Chiesa, affidando la prefazione a don Cesare Silva, parroco del Duomo di Vigevano, e il contributo finale a chiusura del volume alla scrittrice e giornalista Isa Grassano, che collabora con diverse testate nazionali.
Pietro Torre è un bibliotecario prossimo alla pensione. Abitudinario, semplice e rispettoso, svolge la sua mansione con amore e dedizione, pensando come cambierà la sua vita quando non lavorerà più con i suoi libri. Durante un temporale estivo, entra una donna con abiti che la rendono irriconoscibile in volto e lascia un volume in dono per la biblioteca, in realtà un’opera inedita. Pietro, leggendolo, si accorgerà che la sua vita è legata inspiegabilmente a quello scritto, più di quanto lui stesso possa credere. Inizia così un viaggio introspettivo, fatto di riflessioni sull’esistenza e soprattutto sulla fede, ripercorrendo anche i momenti della sua vocazione e rispolverando i dialoghi – attraverso i ricordi – con il suo amico sacerdote. Quella donna è anche una dolce scoperta che riaffiora dal suo passato e tutto ciò che circonda il bibliotecario diventa, così, un meraviglioso tessuto relazionale, che sviscera in profondità un ventaglio di sensazioni ed emozioni desiderose di essere come una “cerva che anela ai corsi d’acqua”.
Intervista a cura di Francesca Ghezzani, giornalista e conduttrice TV
Valerio, quali sono le principali differenze tra questo libro e i tuoi due precedenti?
Non ci sono particolari differenze. Seguono sempre la stessa impostazione sull’utilizzo di uno strumento che illustra il passato. Se nei primi due l’elemento era il diario, in questo è un libro inedito che viene lasciato in biblioteca nella quale la vicenda sarà intricata proprio con il passato del bibliotecario. Utilizzando questo principio di terzietà ho una maggior libertà di spaziare tra argomenti creando quindi una sorta di pamphlet.
Hai un metodo particolare per scrivere i tuoi romanzi?
Parafrasare il vissuto mi permette di comporre le storia aggiungendo elementi di fantasia. Non c’è una “legge scritta”. Ricordo ancora una professoressa di italiano che usò una frase bellissima dopo aver letto il mio volume: “Potere della magia, sintassi del cuore”.
In che modo la tua esperienza teatrale e televisiva influenza la tua narrativa?
Il teatro è vita. Anche nel comporre copioni teatrali ho provato la stessa sensazione. Il raccontare degli “spaccati” di vita è da sempre una mia priorità, nata dai social poi consolidata in tv ed infine nei libri. È il leitmotiv che guida il mio modo di comunicare che sostengo debba essere immediato, incisivo e semplice.
Hai incontrato difficoltà nel trattare temi così profondi come la fede e la crisi vocazionale?
No. Ho da sempre vissuto il mondo della Chiesa cogliendo ogni sfaccettatura. Serviva lanciare un allarme su questa situazione e ho voluto trovare una metafora che attirasse anche lettori agnostici per fargli conoscere quello che può essere un dialogo intimo con un sacerdote, una sfaccettatura della quotidianità della Chiesa e tutto quello che di bello può (ancora) dare.
Sei molto attivo nel volontariato: questa ulteriore dimensione influisce sulle storie che racconti?
Assolutamente sì, è il motore di ogni mia azione. Penso a tutto quello che ho imparato per portarlo in tv, nei miei scritti sempre con lo scopo di far conoscere e tentare di lasciare un messaggio di invito.
C’è un autore o un libro che ha segnato il tuo percorso creativo?
Michela Murgia. Ho riletto tantissime volte “Accabadora”, da quello mi sono innamorato degli altri suoi volumi, uno dopo l’altro. Ha cambiato le cose, ha avuto coraggio e nei suoi scritti c’è anche l’esperienza della fede (era laureata infatti in Teologia) e della “denuncia” di certe situazioni. La mia, un po’ più velata, segue lo stesso ideale.
Hai mai pensato di adattare uno dei tuoi libri per il teatro o la televisione?
In realtà sempre, sono strutturati come copioni. Qualora dovesse nascere l’idea a qualche sceneggiatore, non farebbe fatica a costruire e riadattare al teatro o alla tv la storia dei volumi. Di quest’ultimo, come degli altri. Si chiude il cerchio teatro, tv, libri.
Cosa rappresenta per te la pubblicazione indipendente rispetto all’editoria tradizionale?
La libertà. Questo volume volevo che fosse libero da “impegni” perché voglio costruirci su questo un progetto pluriennale. Non ho iniziato volutamente le presentazioni, tutto sarà curato nel minimo dettaglio nei luoghi e nelle date in modo che si conosca a trecentosessanta gradi.
Quali sono i tuoi progetti futuri in ambito letterario o televisivo?
Il libro è stato selezionato al Salone Internazionale del libro di Torino nella libreria Self, a maggio. Questo è per me motivo di orgoglio e una grandissima occasione per far veicolare il messaggio. Continuo con la mia rubrica “Voci d’Italia” nel programma “Ipso Facto” su Canale Europa e gradualmente mi apro a nuovi progetti che non voglio per il momento svelare, per la capillarità che vorrei dargli.
Da ultimo, cosa vorresti che i lettori portassero con sé dopo aver letto Come la cerva anela ai corsi d’acqua?
Più che “portassero”, vorrei “riscoprissero” la bellezza di essere sé stessi, della normalità e della resilienza che la vita di tutti giorni impone e di avere un sogno, bramarlo. Proprio come una cerva che assetata non vede l’ora di arrivare a un corso d’acqua e dissetarsi. Così nasce la metafora che le belle cose prima o poi succedono, basta crederci, aspettare e si resterà eternamente sazi di vita.
Grazie Valerio ed alla prossima!
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